3 Aprile 2018

su Remo Pagnanelli – di Alex Ragazzini

Per Remo Pagnanelli

 

 

L’opera di Pagnanelli, pur precocemente interrotta nel 1987, rappresenta una delle più significative esperienze che dagli anni settanta, ottanta del novecento, hanno contribuito al rinnovamento della poesia italiana ed al ripensamento della poesia italiana tout courttra l’estetica e l’impegno del reale.

La serata del 15 febbraio scorso, di presentazione della raccolta “Quasi un consuntivo (1975-1987)”, Donzelli Editore, 2017, è una anticipazione della necessaria opera di divulgazione e rinnovato studio critico da intraprendere in merito ai versi di Remo Pagnanelli.

La centralità dell’uomo e della realtà, all’interno di un tono di musicalità in grado di veicolare i concetti più profondi e anche più grevi della vita, è la cifra più efficace della poesia di Remo Pagnanelli, maceratese nato il 6 maggio 1955.

L’incontro di Poetry dedicato al poeta marchigiano è stato fiore di auspicio di un’importante rinascita, l’amore e la competenza degli autori faentini, e il coinvolgimento del pubblico, ha consentito una discussione libera ed al contempo profonda, toccando anche momenti della vita privata dell’autore, grazie alla presenza della sorella del poeta Sabina Pagnanelli.

Di tutta l’opera così significativa la lettura si è soffermata sul centrale poema “L’orto botanico (1984-1985)”, cui fu assegnato il Premio Montale. Il poema è diviso in quattordici tempi, che rappresentano quattordici stanze di rimembranze. Tra le righe la presenza dellepersonae, dell’uomo, è evidente anche senza l’uso del discorso diretto (presenze anche fisse come le statuette di pietra serenao vasche in disuso), l’orto è uno spazio collettivo riservato cui corrisponde la scenografia di ricordi vissuti e ripensati, da individuali a collettivi appunto. Dai versi emergono, tra le erbe e i muri, le età dell’uomo, e l’orto botanico accoglie con la stessa evidenza i ricordi di giovinezza e l’attesa dell’amore, e accoglie la tranquillità meditativa e l’età adulta. Il “peso” collettivo e personale dei ricordi, con un’analisi inconsueta, può suggerire un retroterra tra le quattordici stazioni della Via Crucis (la presenza e assenza di un Dio) e il tema della gioventù del mare, tra il dolore e la gioia degli uomini. Remo Pagnanelli ha definito per tutti noi uno spazio, e condividono lo stesso spazio il dolore e l’idillio. Del tutto riportiamo almeno la prima stanza:

 

I

qui vige tra passioni senili e uricemiche

il riso appena increspato e crudele di un dio

folto di erbe e specchi (nella somma di tendaggi

blulavati, in letti-arenili spolverati da madonne

contadine e lottesche) – …………………………………

……………….di ritorno da estivi giovanili tuffi

le cresciute figlie hanno disimparato presto l’inerme

celeste della pianura e sognano i uri caldi ( teneramen-

te scaldati dal pomeriggio) e rosei degli abbracci

 

 

 

Alex Ragazzini