Giovanna Rosadini

Intervista a cura di Michele Paoletti

GIOVANNA ROSADINI

 

  1. Mi piacerebbe iniziare l’intervista con un ricordo. Qual è stato il tuo primo incontro con la poesia?

L’ho appena scritto in un inedito che pubblicherò nel prossimo libro. Il mio primo incontro è stato un piccolo librino di Garcia Lorca regalato da un amico, durante gli anni della scuola elementare. Si intitolava “Cinque lire di stelle”. Poi sono venuti i libri di poesia della biblioteca che avevamo in casa.

  1. In questa edizione del festival presenti, insieme a Davide Brullo, “I Terapeuti”: un progetto editoriale per gli ospedali. Ce ne vuoi parlare?

È un progetto che nasce da un’idea di Davide Brullo grazie alla committenza dell’ospedale San Matteo di Pavia, con l’obiettivo di abbinare la parola e il male, la sofferenza. Le cure di solito sono rivolte ad accudire e medicare il fisico, ma dal punto di vista del sostegno morale e spirituale non esiste praticamente nulla… questo progetto intende colmare questa lacuna. I libri verranno distribuiti ai pazienti, e saranno letti negli ospedali.

  1. Leggendo di questo progetto, non ho potuto fare a meno di pensare la tua raccolta “Unità di risveglio”. Anche per te la poesia è stata una forma di cura?

Non è casuale che Davide abbia chiesto a me, fin dall’inizio, di collaborare a questo progetto; ne sono stata subito entusiasta per il mio particolare vissuto in questo ambito. Posto che scrivo da quando ero ragazzina, da sempre la poesia ha avuto sicuramente una funzione terapeutica, lenitiva per un altro tipo di mali, quelli di carattere emotivo e psicologico… Nel caso di “Unità di risveglio” la poesia mi ha aiutato ad elaborare e superare il trauma legato all’incidente avuto nel 2005.

  1. Parliamo ora del tuo ultimo libro,“ Fioriture capovolte”, uscito lo scorso anno per Einaudi. Il titolo mi ha fatto venire in mente un verso di “Piove” di Pierluigi Cappello: “l’albero è capovolto, la radice è nell’aria”. Un rovesciamento di prospettive, una crescita che va verso il profondo ma anche un’origine, la radice, che trae forza dall’alto. É così?

É un titolo che nasce da una considerazione di tipo biografico: si tratta di una sorta di bilancio esistenziale, scritto in un momento della vita in cui i fiori cominciano a reclinare il capo, ma è anche un invito a considerare i paradossi dell’esistenza e del mondo, e a considerare la vita sotto aspetti non del tutto consueti e prevedibili.

  1. Nelle tue “Fioriture” ci sono molti riferimenti all’oscurità, al buio e alla notte come momenti generatori…

C’è un testo in particolare, “Respiro nel respiro”, che dice proprio questo: non bisogna cercare a tutti i costi di rimuovere le ombre, occorre assecondarle, attraversarle per ritrovare la propria pienezza, fatta anche di imperfezione, paure e debolezza.

  1. È un libro in cui si percepisce il tempo in un senso sereno, senza rimpianto.

C’è una sezione, Lo spazio bianco, dedicata volutamente al lato rovescio della vita. Si tratta di quella che più ha incontrato il favore dei lettori, dai riscontri che ho avuto. Moltissime persone mi hanno cercato dicendomi che in quei testi ho dato espressione ai loro sentimenti. Ma in generale bisogna dire che è un libro molto aperto alla vita, alla positività della vita, come anche tu hai riscontrato.

  1. Chiudo chiedendoti di raccontarci, se vuoi, qualche progetto futuro.

A ottobre uscirà il libro, Un altro tempo, legato al progetto di Davide Brullo di cui abbiamo parlato, e a settembre verrà pubblicata un’autoantologia, per la collana “Gialla Oro”di Pordenonelegge edita da LietoColle, intitolata “Frammenti di felicità terrena”. Conterrà una scelta di testi tratti dai miei quattro libri, due dei quali ormai introvabili, e un piccolo corpus di inediti. Qui le poesie verranno però presentate secondo la cronologia di scrittura, non quella di pubblicazione, dunque avranno un ordine nuovo e diverso.