Carlo Selan

Carlo Selan
POETRY al MEI 2017

 

 

               «E la casa mi volava via nel prendere sonno.
               Ero con mio fratello così distante dai nostri giochi
               della palla, dell’aquilone, della canoa.
 
               Era perché non poteva restare niente di tutto questo
               che gli occhi facevano i matti. Sorpresi come uno stupido
               a cui si dice «che cosa fai». […]»*


  
*Chi non capiva questi giorni o gli anni che capita
di domandarsi come passano e dove vanno,
si fa come un inventario per sentirsi con le mani,
ancora nevrosi e afasie, due appartamenti cambiati
e di come è stato bello anche crescere così.
 
Scrivere perché, come dire,
«un uomo guarda una casa, un ragazzo scrive di lui
che osserva una casa, un uomo entra nella casa
ma noi non c’eravamo, ce lo hanno solo raccontato».
 
Per come non sapevamo dire le persone
sembrava quasi non dicessimo niente,
sembrava, ecco, provavamo a spiegare
non ricordando mai ogni cosa.
 
Capivamo perché non si poteva restare.
 
Tu, invece, adesso dove sei? Hai conosciuto qualcuno?
E ora come va?
 
 
 
 
               « […]
 
               Il cielo gira verso Cividale, gira la bella luce
              sulle manine che avevamo, che è stata la vita essere
              vivi  [così.»*
 
 
 * Mi sei sembrata stanca, non so come dirti,
sfioravi soltanto e qui che si vive
mi sedevo un po’a lato nei marciapiedi
il cappotto usato, gli occhiali sporchi,
mi sei sembrata quando svegliarsi ancora
per il caldo a novembre, ancora soli, ancora ieri
e poi come guardarsi, il mio sguardo nel tuo,
e non volere partire. Non c’era un bisogno di pensare
queste poche cose e gli anni trascorsi,
capitava la casa nuova, l’appartamento,
non si sapeva spiegare.
 
Si stava come poco difesi
si diceva come quasi per scherzo
«è bello qui», «mi sembri invecchiato»
«forse dovrei bere di meno», «ricordati domani
di non fare troppo forte, ricordati, se puoi
prova a non svegliarmi».
 
 

 

Foto di Claudia Bouvier Calderone