Giuseppe Bellosi

Giuseppe Bellosi
Rassegna 2018 e Tres Dotes 2019 

da Requiem, Imola, La Mandragora, 2014
traduzione di Loris Rambelli

 


VI
 
 
Adës ch’a j ò al mâ’ alziri e ch’a n’ò piò
pinsir, a m’abandoñ a gvardê al foi
d’là da la mura, ch’agli è dri a caschê,
un gat int e’ sintir, e la zent ch’pasa.
U m’ve’ int la ment chi dè ch’andéva a spas
cun e’ mi bël cân biânch vérs a Maiân.
 
 
Ora che le mie mani sono leggere,
gli affanni della vita ormai lontani,
mi perdo a guardare, oltre il muro,
le foglie che stanno cadendo,
un gatto sul sentiero, e la gente che passa.
Mi rivedo in quei giorni camminare
con il mio bel cane bianco verso Maiano.
 
 
 
IX
 
 
Sta porbi d’in do ’ venla? d’int al tër?
sta porbi ch’la s’insteca indipartot,
u n’conta gnânch tni l’os asrê, u ngn’è sèmpar.
S’u j è una spéra d’sól la vóla int l’aria.
 
E cla finëstra da e’ scuret sbadê
coma una fri int e’ bur. A n’m’arculd piò,
me u m’pê ch’e’ fos un docmazdè d’istê.
 
 
Da dove viene questa polvere? dai campi?
questa polvere che entra dappertutto,
tenere chiusa la porta non serve, ce n’è sempre.
Volteggia nell’aria se l’attraversa un raggio di sole.
 
E quella finestra con lo scuretto scostato,
come una ferita nel buio. Non ricordo più,
era forse un pomeriggio d’estate.
 

 

Nota di lettura
a cura di Francesco Sassetto



    Nei due brevi testi qui presentati sono già ravvisabili alcuni tratti peculiari della poetica e del sentimento dell’esistenza che animano la ricca produzione di Giuseppe Bellosi, poeta e studioso di dialettologia romagnola[1]. Due splendide poesie tratte dal poemetto Requiem – scritte nella variante linguistica del romagnolo parlato a Maiano di Fusignano, nel ravennate –  notevoli per finezza compositiva e intensità emozionale. Il discorso poetico fluisce in un andamento pacato e disteso, a tratti colloquiale, in un respiro scandito da frequenti pause e sospensioni (come si avverte anche dalla lettura dell’autore nell’audio su YouTube) che costruiscono un’atmosfera rarefatta e pensosa, venata di malinconia. Un interrogarsi assiduo sul senso della vicenda umana, il trascolorare e morire di ogni cosa, riandando con il pensiero a “quei giorni”, ad un “pomeriggio d’estate” perduto in una lontananza da cui riaffiorano, a tratti, solo improvvisi lacerti di memoria.
    Un tempo andato per sempre, dissolto in ventate di polvere soffocante, sta porbi ch’la s’insteca indipartot, polvere che s’alza dalla terra e tutto invade, polvere anche noi. Liriche altamente evocative ed allusive dove il senso del mistero e del lento sfarsi di ogni realtà vissuta è reso efficacemente nel ritmo franto dei molti vocaboli dialettali tronchi, aspri ed essenziali a trasmettere – anche e soprattutto attraverso l’elemento fonico –  l’ineluttabilità  della fine. Il dialetto, dunque, come espressione del profondo, ancestrale e viscerale, sermo humilis atto a sondare i moti più intimi e segreti dell’anima, una lingua qui saldamente ancorata alla terra ed alla natura.
   Versi struggenti, impastati di dolore e stupore, animati da un’inquietudine trattenuta, quasi taciuta, di fronte all’indecifrabile enigma tradotto in immagini simboliche di ascendenza pascoliana: la finestra con lo scuret sbadê/coma una fri int e’ bur…. Una ferita nel buio. Questo rimane Adës ch’a j ò al mâ alziri e ch’a n’ò piò / pinsir… Non quiete ma tremore. E un dolente volteggiare di memorie in un paesaggio di silenzio.
                                                                                                      
 
 


[1]Per un sintetico profilo critico dell’autore, delineato da Manuel Cohen, e una scelta di testi si veda almeno l’antologia L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila, a cura di M. Cohen, V. Cuccaroni, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco (Camerano, Gwynplaine Edizioni, 2014, pp. 332-341).

 

 


Biografia dell’autore

Giuseppe Bellosi si occupa dello studio dei dialetti, della letteratura dialettale e delle tradizioni popolari della Romagna, alla cui conoscenza ha contribuito sia con ricerche sul campo sia attraverso articoli e libri. Ha pubblicato anche alcune raccolte di poesie in dialetto: I segn (1980) E’ paradis (1992), Bur (2000), Requiem (2014).
 

 foto di Daniele Ferroni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

in questo link la lettura dell’autore in lingua originale su YouTube