Alberto Rizzi

ALBERTO RIZZI

 

  1. Mi piacerebbe iniziare l’intervista con un ricordo. Com’è stato il tuo primo incontro con la poesia?

Il primo incontro con la poesia è nato per curiosità, traducendo i testi dei parolieri inglesi degli anni settanta e trovando il loro modo di esprimersi molto poetico, contrariamente a come consideravo le poesie presenti nelle antologie scolastiche. A un certo punto mi chiesi se potessi riuscire a riprodurre il loro stile.

 

  1. Ricordi i tuoi primi componimenti in versi?

I primi testi risalgono agli anni dell’università a Venezia. Non ricordo quello che avevo scritto, ricordo i temi. Considerazioni sul mio rapporto con la gente che avevo attorno, il ragionamento sulla città, la città ideale. Venezia era l’unità di misura: per la sua diversità rispetto alle città in cui viviamo, una città vera e viva, per quanto in decadenza.

I testi furono rimaneggiati molte volte. Dovevano far parte della mia opera prima. Poi divisi il lavoro in due parti: “Non voglio morire a Rovigo”che fu pubblicata nel ’94 dalla “Calusca” di Padova. La parte dedicata alle poesie urbane è finita in una raccolta dal titolo “Luoghi accettati”che mi servì come laboratorio per le forme particolari di scrittura che ancora utilizzo e che autopubblicai qualche anno dopo.

 

  1. In una recente intervista, Maria Grazia Calandrone afferma: “Siamo in un momento in cui l’impegno è fondamentale […] [occorre] fare poesia che si occupi, in diretta, del mondo. […] in questo momento è necessario prendere una posizione. Sei d’accordo?

Assolutamente sì. Con i testi dell’appena autopubblicato “Achtung Banditen: poesie per le Nuove Resistenze”ho chiuso per ora il tema civile propriamente detto; ma comunque anche nei testi che ho scritto successivamente mi auguro che si senta questo mio punto di vista.

 

  1. Qui al Festival Tres Dotes leggi brani tratti dalle raccolte Achtung Banditen (Poesie per le Nuove Resistenze e Derive senza approdi. In Achtung Banditen la posizione del protagonista è molto netta e dura: poiché né la Natura né l’Umanità saranno in grado di risolvere i problemi attuali al nostro posto è compito di coloro che hanno preso coscienza della situazione di costruire un nuovo modello di sviluppo. Ti chiedo provocatoriamente se non equivale ad arroccarsi in una torre d’avorio mentre il mondo si autodistrugge?

Ti ritorno la provocazione: non mi sono messo io su una torre d’avorio, sono gli altri che si sono scavati una fossa.

 

  1. In Derive senza approdi si percepisce invece la necessità di cogliere il senso del nostro andare, di soffermarci nel silenzio in profondo ascolto con la natura. In basso/lo spacco nel betòn/mostra traccia d’erba/impronta che convien seguire/fino a tornare dentro/Dentro.

Sono versi che prendono in considerazione la distanza formatasi in questi ultimi tre secoli tra uomo e natura. La soluzione che propongo è quella di mettersi in ascolto con la natura, cercare di comprenderla di nuovo attraverso il continuo viaggiare sul piano fisico. Questo ci porterà necessariamente a guardarci dentro; e dovrebbe permetterci di proiettare poi quello che abbiamo dentro in maniera etica sull’esterno.

È un pensiero quasi alchemico, come trasformare il vil metallo in oro: un’operazione possibile, solo a patto che chi ci si impegna, trasformi se stesso in parallelo con l’esperimento che sta compiendo. Occorre recuperare questa sorta di dialogo. La natura degradata è lo specchio dell’uomo moderno.

 

  1. Chiudo chiedendoti, se vuoi, di raccontarci qualche progetto futuro.

A livello poetico ho cinque/sei progetti attivi. “Mappe polesane”, in pratica già terminata, è una raccolta che investiga il territorio della Provincia di Rovigo tramite la poesia. Poi ce ne sono altre, a vari stadi di finitura.

Adesso sto pensando, a seguito di “Poesie dell’uccidere in volo”, di scrivere una raccolta sulla II Guerra Mondiale: ancora una volta non sarà una raccolta “civile” ma vorrei ugualmente contenesse paragoni, riflessioni sulla vita attuale. Però ho appena incominciato a buttare giù non più che un’ossatura di versi.