Marco Plebani

Decimo dan

(Edizioni la Gru, 

2022)

GRAZIE

Su tavola orizzontale di legno,
memore del consiglio
tuo, ho scavalcato ad ostacolo:
aria rafferma,
sassi salini,
confine terrestre,
apnea blocca-cuore di soprassalto,
incubo tale e quale al reale.

Questo, malgrado, germogli genera.

*

ADRIATICA

Sulle nostre rive
il boato e lo schiaffo delle onde.
Pensaci, adriatica ninfa,
miliardi di anni
sono intercorsi
dalla prima cellula
alla tua bocca che parla del tuo sogno di ieri,
il nostro di domani.

Il sogno è concentrico al sogno
che s’avvinghia sanguineo nei corpi.

*

ADESIVA

E quando sarà caduto l’ultimo
timore tratterremo io e te
necessaria acqua e carbonio.
Non andartene mia adorata.
Il mare evapora
povero ed in continuazione.

Una vita adesiva aderisce.

*

LOTOFAGO

Milano, regalami
dei fiori perenni di plastica;
Milano, non farmi atrofizzare.
Mi nutro tracannando
fiori di Loto,
fiore dal fango nato
ch’apre e chiude
la parabola d’un giorno ipermetro.
Un treno, oggi, m’ha portato a te,
Milano
m’ha portato a te per dimenticare.

Attardato mi sono al tuo limbo.

*

PLAYBACK

Parto dalla fine,
da te nuda,
dalla tua verità cruda
in preda
al mio gioco di parole nutrite.

Il playback,
la differita di un ricordo, è
un messaggio vero e falso.

Nota dell’autore:

I testi sono tratti da “Decimo dan” una silloge che raccoglie le liriche composte in un arco temporale di oltre 2 decenni (1999-2021). Il titolo scelto fa riferimento al massimo grado delle arti marziali; un’ovvia metafora che si addice alla mia dea di poesia, per me espressione al massimo grado della consapevolezza che si raggiunge con l’ispirazione e la scrittura. L’idea di fondo è stata disporre, nel tempo, i componimenti in una sorta di concept, un po’ come gli LP musicali che dipanano un tema in sezioni e lo risolvono con l’ultimo brano.

Le metriche che ho usato sono varie: dal sonetto, al verso libero, al madrigale, fino alla còbbola provenzale; il tutto all’insegna di un prepotente andamento allitterante che non disdegna, però, anche l’uso delle figure semantiche più ad effetto, arrivando persino al calembour. I versi sono per lo più endecasillabi e/o versi sillabicamente dispari.