Valentina Tinacci

Valentina Tinacci
POETRY al MEI 


 


Notte a Gerfalco
da Venti lucenti unghie, (d’if, Napoli, 2009)

 
È diritta la strada della notte io avanzo come dentro un frullatore.
A strappi botte ossa rotte contusioni.
Saltello scossa nel mio contenitore.
Al buio sospetto il motore incantato. Scendo.
Raduno i suoni per un braccialetto,
un guinzaglio che sia, un bastone da ciechi. Altre persone
dormono. La scia del tuo respiro si mescola ad altre strisce
grosse, lunghe scurezze percettibili che portano
l’ansia del corpo a disperdersi
nel grasso buio notturno. La cerco con la lente
con la polvere fluorescente che mi spia
le tracce del tuo interno,
gli identikit fasulli della mia conoscenza.
Trasporto in alto e tiro e tiro dentro la cornice
lo spago scabroso che intacca le asperità delle dita.
Su lana e su bava mi arrampico ragnolino impaurito
mi smaglio e mi tengo alternando.
Alle pelose estremità tintinna il braccialetto.
Il Minotauro nel frattempo dorme.
 

 


da L’osso che canta, inedito 

Istruzioni per lampade d’oro
Lampade d’oro, lampade d’argento,
che fa il mio incendiario, il mio motociclista,
che fa il mio brillante guardiacaccia? dorme o veglia?
Da un lato del muro guardarlo
soltanto di sbieco, tra l’edera, non raccogliere
i calcinacci che cadono, distrarsi
alle mosse dei ragni e delle lepri,
grattare la muffa con l’unghia (ma poca!), masticare
una gala strappata alla gonna.
Nel frattempo lasciarsi cadere nel fiume, farsi rapire
da un pesce, perdere tutti gli anelli, tornare.