Thom Gunn

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Thom Gunn, The Man with Night Sweats

È un uomo qualsiasi che si scopre infettato dall’AIDS, conscio dell’ostracismo di quegli anni in cui non si investiva nella ricerca di una cura e si considerava la malattia come la punizione riservata agli omosessuali. E in quegli anni non si parlava nemmeno di safe sex per difendersi dalla malattia.

I sudori notturni erano i primi sintomi dell’infezione e la poesia ricrea le reazioni emotive di questa persona, i pensieri angosciati e il respiro affrettato. Ma non c’è più nessuno che lo possa abbracciare né consolare. Senza alcuna autocommiserazione egli abbraccia se stesso, tentando di farsi scudo contro l’avanzare del male.

La poesia riaccende il problema della solitudine nei malati di Covid nella nostra contemporaneità, che per motivi di sicurezza, non possono vedere nessuno né tanto meno venire consolati e abbracciati nei momenti difficili e prima di morire. 

La paura è sempre la stessa, le reazioni purtroppo anche.

Gunn segue un ritmo di versificazione in trimetro giambico, già usato largamente nella tragedia greca e latina. Nella lingua inglese consiste di tre giambi in accentuazione crescente che coprono sei sillabe. Ad esempio: 

I wake / up cold, / I who
Prospered / through dreams / of heat
Wake to / their res / idue,
Sweat, and / a cling / ing sheet. 


My flesh / was its / own shield:
Where it / was gashed, / it healed.

 

La punteggiatura interrompe la cadenza continua e ne interrompe la ripetizione, rispettando le interruzioni del respiro ansioso. 

Il problema nella traduzione in italiano è mantenerne il ritmo con il nostro lessico di molte più sillabe.

 

Thom Gunn, The Man with Night Sweats

 

I wake up cold, I who
Prospered through dreams of heat
Wake to their residue,
Sweat, and a clinging sheet. 

My flesh was its own shield:
Where it was gashed, it healed. 

I grew as I explored
The body I could trust
Even while I adored
The risk that made robust,

A world of wonders in
Each challenge to the skin. 

I cannot but be sorry
The given shield was cracked,
My mind reduced to hurry,
My flesh reduced and wrecked. 

I have to change the bed,
But catch myself instead 

Stopped upright where I am
Hugging my body to me
As if to shield it from
The pains that will go through me, 

As if hands were enough
To hold an avalanche off. 

 

Thom Gunn, L’uomo che suda di notte

 

 

Mi sveglio freddo, io che
godevo dei sogni del caldo
mi sveglio nei loro residui,
sudore e lenzuola attaccate.

La carne aveva uno scudo:
guariva se veniva squarciata.

Crescevo mentre esploravo
il corpo di cui mi fidavo
persino quando adoravo
il rischio che mi rinforzava,

un mondo di grandi sorprese
in ogni sfida alla pelle.

Non posso che dispiacermi
lo scudo è stato spezzato,
la mente ristretta in affanno,
la carne ristretta e distrutta.

Dovrò cambiare il letto,
invece m’aggrappo a me stesso

immobile in piedi dove sono
abbracciandomi il corpo
come a farmi scudo dal
dolore che l’attraverserà,

come se le mani bastassero
a tenere a bada la valanga.

 

 

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