Gaio Valerio Catullo

(Carmina, 

XXXII)

In questa poesia Catullo si rivolge ad una persona con la quale intrattiene una relazione di natura erotica. Non sappiamo se si tratti di un uomo o di una donna, non sappiamo se si tratti della sua Lesbia o, come tendono a credere i commentatori, di un’altra donna con la quale il poeta abbia avuto una, seppur breve, relazione.

Lo stesso nome, Hypsitilla, che troviamo nel primo verso, è oggetto di una lunga diatriba tra gli studiosi, che si protrae ancora oggi. Numerose sono le ipotesi su di esso avanzate, ma la tesi che ci pare più convincente è quella sostenuta da Leonor E. Molero Alcaraz in Ipsitilla y sus otras lecturas: revisión de un hapax en el libro de Catulo (32.1) (in «Myrtia» n. 24, 2009, pp. 165-189), secondo la quale il soprannome Hypsitilla alluderebbe alla figlia di Ipseo, ossia la ninfa Cirene. Questa ninfa è particolarmente significativa per Catullo, perché Cirene è anche il nome della città di Callimaco, grande modello per il poeta di Verona, proprio come lo era Saffo, poetessa di Lesbo, cui si deve il soprannome della famosa amante di Catullo. Abbiamo scelto di tradurre Hypsitilla con “Ipsitina” perché il suffisso -illa in latino è un ampliamento del suffisso -la, usato per formare i diminutivi, che corrisponde al nostro -ina.

Diversamente da quanto suggerito dalla maggior parte dei commentatori, a noi piace pensare che dietro a questo nomignolo si nasconda proprio la donna amata da Catullo, Lesbia, e che in questo componimento l’autore abbia voluto esprimere tutta la disinvolta strafottenza del giovane amante che ha da poco intrapreso una tresca amorosa con una donna più grande di lui, dalla quale altro non vuole che sesso e divertimento. Ci piace pensare che questo brano testimoni un momento precedente lo sprofondare nel totale coinvolgimento emotivo di Catullo nella relazione con la donna. Un coinvolgimento che lo porterà presto alla disperazione.

Quanto alla traduzione del brano, si tratta di una versione piuttosto libera, volta ad ottenere un preciso effetto estetico, piuttosto che a trasportare con precisione il testo latino nella lingua italiana. Come forma metrica, abbiamo scelto l’ottonario, per sottolineare il tono a nostro avviso allegro e scherzoso del componimento catulliano. Nel nostro lavoro non sono presenti vere e proprie rime, ma abbiamo scelto di tessere una fitta trama di assonanze utili a conferire compiutezza ritmica ad ogni strofa. L’interpretazione faceta di cui sopra viene suggerita dalla chiusa piuttosto anticonvenzionale del componimento e dall’iperbole relativa al numero delle fututiones. Questo numero, nell’originale nove, è stato da noi ridotto a sei, soprattutto per esigenze metriche, ma anche per adattare il testo al nostro tempo, forse meno eroico (anche dal punto di vista amoroso) di quello dei Romani. D’altra parte, come ci insegna Leopardi, «l’antico è sempre superiore al moderno» (Zibaldone, 1044).

Traduzione

Mia dolcissima Ipsitina,

o mia gioia, mio tesoro,

su, dài, dimmi di venire

da te questo pomeriggio!

Quando poi lo avrai ordinato,

anche tu fa’ la tua parte:

di’ ai tuoi servi che non chiudano

la tua porta a questo amante.

E che non ti salti in mente

di uscir fuori a fare un giro,

ma rimani dentro casa

e prepara per noi due

sei scopate senza pausa.

Se lo vuoi, ordina adesso,

non puoi perdere altro tempo:

ho mangiato e sono pieno,

già l’abbiocco ha il sopravvento,

e, disteso a pancia all’aria,

sfondo tunica e mantello!

 

Testo originale

Amabo, mea dulcis Hypsitilla,

meae deliciae, mei lepores,

iube ad te veniam meridiatum;

et, si iusseris, illud adiuvato,

nequis liminis obseret tabellam.

Neu tibi libeat foras abire,

sed domi maneas paresque nobis

novem continuas fututiones.

Verum, si quid ages, statim iubeto:

nam pransus iaceo et satur supinus

pertundo tunicamque palliumque.

Gaio Valerio Catullo (Verona 84 a.C. – Roma 54 a.C. ca.) è forse il poeta latino più vicino al nostro sentire. È apprezzato soprattutto per aver cantato l’amore non corrisposto con inedita franchezza ed onestà. Capace di padroneggiare numerosi registri e forme metriche, è oggi annoverato tra i poeti più colti e raffinati di ogni tempo.